La Storia

In pochi casi come per l'Aceto Balsamico Tradizionale, la sua storia "è il prodotto”. È il frutto di una storia secolare di bontà. È un capolavoro del gusto italiano che si affina per almeno 12 anni nelle botti di legno nelle soffitte di Reggio Emilia.

L'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop nasce dalla doppia fermentazione del mosto cotto. Qualche forma di acetificazione è nota già nel V° millennio prima di Cristo, mentre l’uso alimentare del mosto cotto risale ai Romani: Virgilio nelle sue Georgiche racconta l’uso di cuocere e ridurre i mosti per ottenere zuccheri, unica alternativa nell’antica Roma al miele. C’erano tre gradi di concentrazione: sapa, defrutum e caraenum; ed erano note anche le tecniche utilizzate per impedirne la rifermentazione.
Le notizie relative poi si perdono nei Secoli Bui, per riaffiorare nelle evidenze storiche nei primi anni del Millennio, quando si scoprono le prime tracce scritte di questo raro elisir.

Quella dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP è, come si evince, una storia piena di mistero e in gran parte sconosciuta. Certo è che si tratta di una storia di prodotto, frutto dell’ingegno e della passione dell’uomo. È arduo ricostruire la vicenda, ma la prima citazione di quell’aceto tanto agognato dalle teste coronate, risale alle note del monaco Donizone del 1046, quando l’imperatore di Germania Enrico VIII, in viaggio verso Roma per l'incoronazione, fece tappa a Piacenza. Qui rivolse a Bonifacio, marchese di Toscana nonché padre della famosa contessa Matilde di Canossa, di cui Donizone era biografo, la richiesta di omaggiargli uno speciale aceto che "aveva udito farsi colà perfettissimo” e sembra, inoltre, che l’avesse sentito “ribollire nella Rocca di Canossa”.

Si narra, infatti, che proprio all'interno delle mura del castello che diverrà famosissimo qualche anno più tardi per l'incontro "del perdono" tra papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV, venisse prodotto un aceto, elisir e balsamo.

Nei secoli XII, XIII e XIV sappiamo per certo dell'esistenza a Reggio Emilia, Scandiano e nei principali centri estensi, di fabbricanti di aceto riuniti in vere e proprie consorterie i cui affiliati dovevano tenere gelosamente custodito il segreto della pregiata produzione.

Le testimonianze sull'Aceto Balsamico si infittiscono poi nell'Ottocento, attraverso gli elenchi dotali delle nobili famiglie reggiane. All'epoca era buona norma infatti arricchire la dote della nobildonna che si maritava con vaselli di aceto balsamico pregiato e batterie di botticini dal contenuto prezioso. Naturalmente quel prodotto era ancora solo un parente lontano di quello attuale, e il suo uso era strettamente limitato all'autoconsumo di famiglie benestanti, tanto che non c'è un vero e proprio archivio di ricette popolari che ne fanno uso.
                                        Il resto è storia dei nostri giorni. 
                                        
È soprattutto nei tempi moderni che lungo i decenni si consolida una pratica condivisa, una consuetudine operativa che vedrà poi la sua sintesi nel Disciplinare di produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP. La sensibilità contemporanea viene infatti a valorizzare il pregio di questo prodotto unico al mondo, catturandone l'esclusività e rendendolo disponibile agli estimatori.